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Bella addormentata e Tokio Ballet ultime battute al Teatro alla Scala

Tokio Ballet il Kabuki foto Kiyonori Hasegawa

Gli ultimi appuntamenti di balletto al Teatro alla Scala (www.teatroallascala.org), a giugno e luglio, hanno più di un motivo di interesse. A dodici anni dalle precedenti recite, torna in scena al Piermarini (26 giugno- 9 luglio), La Bella addormentata di Rudolf Nureyev, che alla Scala è strettamente legata.

Tra le letture dei classici di Nureyev che la Scala ha in repertorio, fu proprio la Bella a vedere su questo palcoscenico la sua prima assoluta, nel 1966. La Bella è il balletto più sontuoso e sognante, il più “imperiale” fra i titoli del grande repertorio, quasi il “balletto per eccellenza”, e della coreografia originale di Petipa, Nureyev seppe mantenere il lustro e la purezza, così come l’aveva appresa al Kirov, ma con un respiro teatrale e drammatico nuovo, una motivazione interiore e notevoli variazioni, una coreografia articolata e composita tale da rivelare tutte le sfumature psicologiche dei personaggi. Tra le sue notazioni personali è il regno di Florestano, che non è più una fantasia di bravi fanciulli, ma una Corte con una propria etichetta e rituali, dove si avverte il peso del potere. La tenera féerie del racconto cede il posto ad una “favola realistica”, dove forze antagoniste si contendono il destino dei due giovinetti. Carabosse appare sotto le sembianze di una sofisticata ereditiera: estrae la sua arma, spillone fatale per Aurora, dallo chignon della parrucca; la Fata dei Lillà recita la parte d’una giovane aristocratica liberale. In mezzo a cortigiani inamidati nelle loro sorpassate tradizioni, Aurora e Désiré, con la loro gioventù e il loro modo di essere, preannunciano un nuovo mondo.

Questa versione, danzata  da Carla Fracci e dallo stesso Nureyev, sarà poi ripresa al Balletto Nazionale del Canada nel 1972, con Veronica Tennant, con le scene e i costumi di Nicholas Georgiadis. Nureyev affida specificamente una parte più elaborata al Principe, dotandolo nel secondo atto di tre variazioni: la seconda, di particolare importanza, è basata sull’assolo di violino dell’Intermezzo musicale. Nureyev conserva però la coreografia di Petipa per le variazioni destinate alle ballerine. Rudolf  Nureyev riprenderà ancora La Bella al London Festival Ballet nel 1975, con Eva Evdokimova e Patricia Rouanne, per l’Opera di Vienna nel 1980 e, nel 1989, per l’Opéra di Parigi.

La Bella addormentata, lavoro-chiave nella carriera di Nureyev, fu un grande successo (1890) di Marius Petipa, il coreografo che Nureyev ammirava di più, ed espressione ultima dello stile italo-franco-danese di San Pietroburgo, fondamento della sua arte coreutica. Proprio in questo balletto il giovane Nureyev elettrizzò il pubblico parigino dopo la sua defezione dalla troupe del Kirov di Leningrado (17 giugno 1961, Aereoporto di Le Bourget, Parigi), e la sua richiesta di asilo politico alla Francia. Subito ingaggiato nell’International Ballet du Marquis de Cuevas, Nureyev si esibisce nella parte del Principe il 23 giugno, accanto a Nina Vyrubova (produzione di Raymondo de Larrain, al Théâtre des Champs-Elysées). Danzerà anche l’Uccello Azzurro il 30 giugno. “Ciò che colpì il pubblico, quando vide Nureyev per la prima volta nella parte del Principe della Bella”, ricorda Alexander Bland, “non fu solo la rinnovata freschezza di quella parte che trasformava l’eroe convenzionale in un aristocratico raggiante di giovinezza, sintesi di elegante altezzosità e charme arrogante, quasi sardonico, bensì il “registro” e la qualità della sua danza. Era un inebriante mélange di qualità in apparenza contraddittorie: nei grandi passaggi Nureyev dispiegava uno stile aereo e ampio, che evocava tutta la panoplia d’una Corte barocca, mentre negli assolo virtuosistici metteva il dinamismo esuberante dei suoi “salti di tigre” o delle sue possenti pirouettes”.

Rudolf Nureyev così dichiarava a proposito del balletto nel marzo 1989: “Quando muovevo i miei primi passi a Ufa, il mio maître a danser – che era stato al Kirov – mi diceva sempre che la Bella era “il balletto dei balletti”. Ed io ne ero ghiotto per la mia parte. Il Kirov, piu avanti, mi ha fatto scoprire lo splendore del Festin. Infatti, la Bella di Čajkovskij e Petipa rappresenta l’apogeo del balletto classico: la danza vi si afferma come arte maggiore. Il che rappresenta un evento storico: dopo la Bella, il balletto è riuscito a sedurre i più grandi compositori che non hanno più esitato a lavorare con i coreografi. Credo che ogni ballerino dovrebbe pregare al mattino davanti a tre icone: Čajkovskij  – Dio Padre, Prokof’ev – il Figlio, Stravinskij – lo Spirito Santo. Sono i tre musicisti che hanno creato i lavori più importanti e più audaci nel repertorio del balletto. Oggi, la Bella rappresenta per me il compimento perfetto del balletto sinfonico. Esige che il coreografo ritrovi l’armonia con la partitura di Čajkovskij. Con la Bella non si tratta di “creare” un evento senza domani, ma di produrre uno spettacolo duraturo che garantisca l’eccellenza d’una compagnia”. A dirigere la superba partitura di Čajkovskij sarà Felix Korobov. Per Prima delle prime – Balletto, Teatro alla Scala con Amici della Scala, Giovedì 20 giugno 2019, ore 18:00, Ridotto dei Palchi “A.Toscanini”, Elisa Guzzo Vaccarino incontra il pubblico sul tema “Il culmine della bellezza”. Nello sfarzoso décor e con i preziosi costumi del premio Oscar Franca Squarciapino, firmati per la Scala nel 1993, nelle recite del 26 e 29 giugno sarà impegnata Polina Semionova, in un ruolo mai presentato alla Scala prima d’ora. Grande apertura e chiusura di recite, il 5 e 9 luglio, con il ritorno nel ruolo di Aurora della superétoile Svetlana Zakharova.

A questi appuntamenti si aggiunge (11-14 luglio) l’ospitalità di The Tokyo Ballet, con cui la Scala ha, da sempre, uno scambio culturale intenso, e con il quale prosegue, dopo il Bol’šoj, l’ospitalità a prestigiose istituzioni che vantano un altrettanto prestigioso ensemble di balletto. Fondato nel 1964, ensemble accademico in grado di proporre al pubblico, giapponese e non, il grande repertorio classico, diffondendo una cultura europea facendola propria, The Tokio Ballet è richiestissimo a livello internazionale anche per la ricchezza dei suoi programmi, che affiancano titoli moderni e neoclassici a creazioni originali di maestri del ventesimo secolo I due programmi celebrano il vasto repertorio della compagnia, con pietre miliari e grandi nomi del ventesimo secolo: Serenade, di Balanchine, romantico e lunare, fusione perfetta di passi fluenti, musica sublime, meravigliose figurazioni; Dream Time, di Kylián, opera affascinante, “in cui l’invisibile è tanto importante quanto ciò che siamo in grado di vedere”, nata dal profondo interesse di Kylián per le tradizioni e la danza aborigena australiana, condivisa con il celebre compositore giapponese Tōru Takemitsu. Infine sono il dirompente Le Sacre, di Maurice Béjart, che sovrappone la carica innovatrice di Stravinskij a quella dei grandi messaggi béjartiani, la sua rilettura dei classici in chiave nuova, sospinta dal vento dei tempi, e The Kabuki, tra i balletti più noti e acclamati di Béjart, da lui destinati proprio alla  compagnia giapponese, eletta dal grande coreografo a depositaria di molte sue creazioni. The Kabuki nasce da una stretta collaborazione fra Maurice Béjart, il celebre compositore Toshiro Mayuzumi e The Tokyo Ballet. Fin dal clamore della sua prima assoluta, a Tokyo nel 1986, questa creazione divenne parte essenziale del repertorio della Compagnia, che la ha danzata in 16 paesi per un totale di 197 recite. La coreografia è basata sulla celebre pièce kabuki “Kanadehon Chushingura”, che narra la storia di 47 samurai durante il XVIII secolo, sebbene con alcune licenze poetiche come il viaggio nel tempo dell’eroe tragico Yuranosuke. Una fusione dinamica e innovativa fra la tradizione delle arti performative giapponesi, il kabuki, lo spirito samurai e il balletto, e certamente uno dei capolavori di Béjart.
Ermanno Romanelli

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