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Il ricordo di Peggy Gugghenheim rivive nella Venezia da lei amata

È molto di più ed è molto meglio di “una passeggiata nell’arte del ‘900”, come riferisce la scheda di presentazione,“Peggy Untitled” – Dedicated to Peggy Guggenheim”, l’ultimo lavoro firmato da Michela Barasciutti per coreografia e regia.

Proposto come secondo appuntamento della XII edizione di VeneziainDanza, attiva sino al 23 novembre al Teatro Malibran, a Venezia, lo spettacolo è un viaggio d’andata e ritorno fra una ideale e stilizzata ricognizione biografica della figura della grande mecenate americana, paladina dell’arte moderna, e i suoi amori d’arte, e non solo.

C’è, e palpita intensamente nello spettacolo, un tratto essenziale della identità della Guggenheim: la tensione e le interazioni, intellettuali ed affettive, da lei nutrite per l’arte e i suoi protagonisti. È una tensione che tracima dal palco, complice la video proiezione di titoli fondanti nell’arte del ‘900, vive in un almanacco e si specchia in una mappatura sfrangiata di ricordi, in una fuga di forme e colori, dissolti nell’acqua di Venezia e nel dramma esistenziale della donna. Decisamente non bella, la Guggenheim fu tanto facoltosa quanto sola, e spesso incompresa nel difendere a spada tratta le proprie scelte, e, addirittura, le proprie tele dalla volontà nazista di bruciarle. Per cui, dice la leggenda, in fuga dalla Francia, durante il secondo conflitto mondiale, suoi quadri e sculture vennero nascosti e salvati tra piatti e vettovaglie di cucina, o spediti all’estero.

A decenni di distanza, a Venezia, dal mitico biancore di palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, dove è raccolta la sua straordinaria collezione d’arte, con tesori di Pollock, Kandinsky, Mirò, Picabia, Bacon, Brancusi e molti altri, artisti sommi nei quali lei ha creduto prima che il mondo li accettasse e ne intuisse la grandezza, alcuni di quei capolavori sono idealmente teletrasportati in teatro. Qui diventano manifesti di una alterità che la danza indaga in maniera sensitiva, con introspezioni che affondano dentro e oltre il limite dell’inconscio; perciò le scelte coreutiche che li “illustrano” non sono razionalizzabili, non sono narrativi, ma vivono e si esprimono per empatia, per adesione sublimata a questa o quella tela. Si offre così al pubblico la possibilità di guardare il mondo e l’arte contemporanea attraverso il mosaico idealmente racchiuso negli occhi della Guggenheim, e nei suoi sfavillanti, estrosi occhiali. Ciò che lei ha ricercato, indagato, scoperto, sostenuto e promosso scende in platea attraverso queste immagini; viene rievocata, in una trasognata ma viva escursione onirica, la concreta memoria e la dolorosa intimità della donna, madre di una figlia suicida, e della filantropa, in un ricordo che si materializza attraverso la scia visiva dei “suoi” quadri. Come, ad esempio, lo smarrimento desolato racchiuso in “L’impero della luce”, di Magritte, profilo di casa nella notte; oppure l’aperta e urticante dichiarazione di disamore di Max Ernst, marito di Peggy, verso la moglie, che il pittore mostra in “La vestizione della sposa”, galleria di figure mostruose. Sotto i quadri, proiettati nel fondo del palcoscenico, vibra una danza costruita con movimenti concisi ma intensi, tra fibrillazioni tortuose e le passeggiate ammiccanti di una Peggy scolpita nella propria altera solitudine da “dogaressa”; lei, trasformata in “radar” e anima sensitiva degli umori del proprio tempo, lei, capace di anticipare umori e scelte che si sarebbero affermati dopo di lei, grazie al suo impegno e alla propria devozione.

Doveroso segnalare il manipolo degli interpreti, accolti con grande calore dalla platea, e tutti alla pari per generosità e calibro esecutivo: Sara Cavalieri, Roberta De Rosa, Nicola Marrapodi, Mirko Paparusso, Giulio Petrucci, Marta Zollet. La ricerca e l’elaborazione musicale sono di Stefano Costantini. Scene, luci e costumi della stessa  Barasciutti. Lo spettacolo, già prodotto da Ravello Festival dove ha debuttato nel 2018, con Regione Campania e  Compagnia Tocnadanza, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è realizzato nel 40° anniversario della morte di Peggy Guggenheim.

 Ermanno Romanelli

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