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Trittico di capolavori al Teatro alla Scala

Petite Mort Nicoletta Manni Mick Zeni 

Grande musica, grande danza, firme di assoluto prestigio nel panorama della coreografia del Novecento, e un trittico di capolavori suggellano la programmazione 2018-2019 dei Balletti alla Scala (www.teatroallascala.org), in attesa dell’apertura della nuova Stagione, dal 17 dicembre, con il debutto scaligero di Sylvia, di Manuel Legris.
Dal 16 al 30 novembre sono riuniti in una stessa serata tre mostri sacri della coreografia e tre produzioni simbolo della loro originalità stilistica e creativa, legati indissolubilmente alla musica sulla quale furono creati. La musica ispira e nascono capolavori senza tempo: questo il filo conduttore della serata, che vedrà tornare sul podio Felix Korobov a dirigere l’Orchestra della Scala e protagonisti gli artisti di punta della Compagnia nella varietà di stili e ispirazioni di cui questo trittico è ricchissimo.

La serata si apre con la purezza classica e le meravigliose geometrie di Symphony in C, di George Balanchine, grande esempio, con i suoi quattro movimenti e il travolgente finale, del genere “concertante”, sulla Sinfonia n.1 in Do maggiore di Georges Bizet. È un balletto senza trama ma non senza espressività, con toni e atmosfere di grande eleganza, insieme all’esaltazione della purezza classica, fra meravigliose geometrie, simmetrie e forme, nei quattro movimenti che vedono protagonisti ognuno una diversa ballerina, un diverso partner e il corpo di ballo. L’intero organico di circa cinquanta elementi si riunisce nel travolgente finale. Alla Scala fin dal 1955, il titolo vide i nomi di spicco del tempo; ripreso nel 2017 è stato, ed anche ora sarà, una vera vetrina per il Corpo di Ballo e i protagonisti dei quattro movimenti: Martina Arduino e Nicola Del Freo, coppia principale del primo movimento; Nicoletta Manni e Marco Agostino (secondo movimento); Alessandra Vassallo e Claudio Coviello (terzo movimento,  in alternanza con Gaia Andreanò e Christian Fagetti in scena il  22 novembre e 30 pomeriggio), mentre la coppia principale del quarto movimento sarà interpretata da Maria Celeste Losa e Mattia Semperboni.

Cuore pulsante del trittico è Petite Mort, gioiello coreografico di Jiří Kylián, con il suo fluido inanellarsi di momenti di gruppo e splendidi passi a due dalle diverse tonalità, da quella lirica a quella appassionata e aggressiva. Venne creato su commissione del Festival di Salisburgo nel secondo centenario della morte di W.A.Mozart (1991), per il quale Kylián scelse le sezioni lente di due tra i concerti per pianoforte e orchestra più belli e famosi: il Concerto per pianoforte e orchestra in la magg.n. 23 K 488 (adagio), e il Concerto per pianoforte e orchestra in do magg. n. 21 K 467 (andante), con, al pianoforte, Takahiro Yoshikawa. Per la ripresa di questo balletto, che vede protagonisti – come recitano le note di sala – ”sei uomini, sei donne, e sei fioretti, che hanno la funzione di veri partners danzanti e talvolta di sembrare meno indisciplinati e ostinati di un partner in carne e ossa”, vedremo in scena Stefania Ballone con Matteo Gavazzi (in alternanza il 30 pomeriggio con Benedetta Montefiore e Fabio Saglibene), Chiara Fiandra con Eugenio Lepera, Francesca Podini con Nicola Del Freo, Nicoletta Manni con Mick Zeni, Martina Arduino con Christian Fagetti (in alternanza il 30 pomeriggio con Caterina Bianchi e Marco Messina) , Alessandra Vassallo con Marco Agostino. Nelle recite del 19, 22 e 30 sera le sei coppie saranno Marta Gerani con Daniele Lucchetti, Agnese Di Clemente con Andreas Lochmann, Paola Giovenzana con Gioacchino Starace, Antonella Albano con Antonino Sutera, Giulia Schembri con Gabriele Corrado, Giulia Lunardi con Massimo Garon.

Travolgente la chiusura della serata, con un altro “cult”, Boléro, per un altro mostro sacro della coreografia del Novecento, Maurice Béjart. Non ha bisogno di presentazioni questo rituale, che nel 2018 – dopo oltre quindici anni di assenza – è tornato alla Scala portando il debutto di  Roberto Bolle, che torna protagonista nelle recite del 16, 19, 21, 22 e 27 e anche di artisti scaligeri che per la prima volta sono saliti sul mitico tavolo rotondo: Gioacchino Starace (nuovamente in scena nella recita pomeridiana del 30 novembre) e Martina Arduino (che torna la sera del 30 novembre nella recita ScalAperta).

Come sottolinea Leonetta Bentivoglio, cui è stata affidata, in “Formalismo e narrazione nel balletto del Novecento”, la presentazione e l’introduzione a questo trittico, «questi tre capolavori della danza del Novecento, firmati da tre sommi esponenti dell’arte coreografica del secolo scorso, ci introducono nella dimensione del “balletto moderno”, ovvero nell’insieme delle strade che ha preso, durante il ventesimo secolo, la danza classico-accademica, trasformandosi e rimodellandosi moltissimo, ma senza mai prescindere dalla base del linguaggio di partenza. Per un verso la cosiddetta “danza moderna” ha inventato linguaggi del corpo radicalmente “altri” rispetto a quello classico; per un altro l’estetica classicista ha generato autori – come lo sono appunto Balanchine, Kylián e Béjart – che hanno rivisitato con segni nuovi la tradizione dell’accademismo ballettistico. In questo secondo ambito si sono distinti due territori fondamentali: quello della concretezza e del racconto, e quello del formalismo puro e dell’astrazione».
Ermanno Romanelli

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