I colori di Arlecchino nella mostra di Giovanni Domenico Ferretti

FCRF Mostra Arlecchino foto di Stefano Casati

“I colori di Arlecchino. La Commedia dell’Arte nelle opere di Giovanni Domenico Ferretti”, è il titolo dell’affascinante esposizione che verrà realizzata nello Spazio Mostre della Fondazione CR Firenze, fino al 31 maggio

Sarà presentato il nucleo restaurato degli Arlecchini realizzati da Giovanni Domenico Ferretti, detto L’Imola (1692 –1768), di proprietà della Fondazione, assieme ad opere di altre raccolte italiane.

Il nucleo centrale della rassegna, curata da Fabio Sottili e da Carlo Sisi, responsabile della Commissione tecnica arte della Fondazione CR Firenze, è rappresentato dalle sedici tele approntate da Ferretti, artista del periodo rococò, tra le figure chiave della pittura italiana del Settecento. I lavori, che raffigurano i “Travestimenti di Arlecchino”, realizzati fra il 1746 ed il 1749, furono richiesti dal nobile senese Orazio Sansedoni, cavaliere di Malta e alto funzionario lorenese.

Arlecchino è, con Pulcinella, la maschera più famosa della Commedia dell’Arte. Prendendo spunto da spettacoli di quel tempo, le tele mostrano scenette in cui Arlecchino danza o suona, oppure è autore di burle o fatti giocosi, situazioni eredi di quel filone della pittura ‘caricata’ che, fin dal Seicento, caratterizzava la cultura fiorentina. Per rendere più facilmente apprezzabili queste tele, e comprenderne la portata innovatrice, le stesse sono affiancate nel percorso espositivo da documenti e repliche, per complessive 39 opere, che contribuiscono ad apprezzare la fortuna di tali soggetti, e l’amore dimostrato per le maschere soprattutto durante il Carnevale; un interesse poi ereditato dai pittori Giuseppe Zocchi e Thomas Patch. A corredo della mostra è stata pubblicata una guida edita da Polistampa.

Ferretti, figlio di padre orafo originario dell’Emilia e madre fiorentina, si formò a Imola presso Francesco Chiusuri, e a Firenze sotto Tommaso Redi e Sebastiano Galeotti, per poi concludere il suo apprendistato presso la stimolante scuola felsinea dal bolognese Felice Torelli. Tornato a Firenze “dotato di fantasia e spirito pittoresco”, nel 1717 entrò a far parte dell’Accademia del Disegno. Iniziò da quel momento una instancabile attività di affreschista per la nobiltà toscana che lo portò ad essere il pittore fiorentino maggiormente conteso del XVIII secolo. Prese parte alle più importanti decorazioni toscane del tempo sia pubbliche, come vediamo a Firenze nella Badia Fiorentina, in Ognissanti e in San Salvatore al Vescovado, sia private, secondo quanto vediamo nei palazzi fiorentini dei Capponi, Ginori, Della Gherardesca, Panciatichi, Roffia, Rucellai, Pucci, ma soprattutto nell’imponente ciclo compiuto a Pistoia per gli Amati, e a Siena nella dimora dei Sansedoni. L’opportunità di vedere l’Autoritratto degli Uffizi in confronto diretto con quello di Casa Sansedoni permette di capire il percorso artistico del pittore, che vede innestare nella sua cultura fiorentino-emiliana le novità del Ricci e del Crespi, arrivando con “altra macchia, e maggior idea” agli anni quaranta del Settecento, il suo momento di maturità, qui visibile nella felicità d’invenzione e nella sensibilità cromatica dei quadri con Nani e con Arlecchini, per la prima volta esposti insieme.

Sansedoni, il committente, Direttore Generale dei boschi in Toscana e consigliere delle finanze del granduca Francesco Stefano di Lorena, il quale per esporli allestì uno specifico “Gabinetto degl’Arlicchini” nella sua residenza fiorentina presso la Casa della Commenda del Santo Sepolcro, posta sull’angolo di Ponte Vecchio verso Oltrarno. Un ambiente in cui anche la tappezzeria della mobilia (sgabellotti, sedie e canapè) celebrava Arlecchino con una stoffa di seta a scacchi colorati, e dove si trovavano appesi alle pareti anche opere di Gaspare Lopez, Francesco Gambacciani e della pittrice Violante Siries.

L’ultimo restauro delle sedici tele di Ferretti è riconducibile al 1984, anno in cui esse furono acquistate dalla Cassa di Risparmio di Firenze, per poi approdare alla Collezione della Fondazione nei primi anni Duemila. Il nucleo di opere viene esposto adesso a termine di un complesso programma di pulitura e restauro, che ha riportato in luce una preziosa gamma di colori da tempo offuscata. L’intervento ha favorito la corretta lettura di una sequenza di composizioni perfettamente integrate nel gusto dei capricci e delle eleganze ricercate anche dai committenti toscani di metà Settecento, è una lettura più efficace d’uno dei soggetti iconografici più amati del Settecento.

Anche questo intervento si inserisce nel percorso di valorizzazione e apertura al pubblico e alla città della parte più significativa della preziosa raccolta d’arte di proprietà della Fondazione CR Firenze, cominciata ormai quattro anni fa col programma ‘In Collezione’, e tuttora in corso con crescente interesse da parte del pubblico.

L’ingresso sarà gratuito. La mostra resterà aperta tutti i giorni, ad esclusione di 12 e 13 aprile, 1° maggio, con orario 10-18. Info: Tel. 055 5384 001

Ermanno Romanelli