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Il cuore segreto di Schiaccianoci nel balletto di Raphael Bianco

Domenica 19 gennaio, alle ore 16.30, e lunedì 20 gennaio alle ore 10, presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, Torino, è in programma un nuovo appuntamento con la XVII edizione dei IPUNTIDANZA.
la Compagnia EgriBiancoDanza sarà impegnata nella prima esecuzione assoluta di “Schiaccianoci”, dal testo di Ernest T.A. Hoffmann.
Il coreografo Raphael Bianco fornisce una rivisitazione contemporanea del tema con un’esplorazione di mondi onirici, nei quali prendono forma e sostanza sogni evanescenti, giochi estrosi e fantasie. Il suo Schiaccianoci è un giocattolo, un valoroso soldatino che ci conduce verso un mondo di zucchero filato, colorati bon bon e profumate caramelle, con percezioni provenienti dalla realtà, dove però aleggiano e si nascondono paure e tormenti inconsci. Ha ben ragione, Bianco, a scegliere questa ipotesi interpretativa del celebre balletto, e a rimandare il contesto, ed il cuore stesso del balletto, ad una sua incisiva rappresentazione della società borghese di fine Ottocento. Questo perché, a ben pensare, Schiaccianoci è un inganno: dissimula abilmente la realtà nascosta al di sotto delle apparenze con un ricamo di suadenti meraviglie. Il cupo spessore, psicologico, onirico e metaforico, che sono racchiusi nella partitura e nella coreografia ha, come radice e primo motivo d’ispirazione, il sapore gotico, da grand guignol, del racconto Nussknacker und Mäusekönig (Schiaccianoci e Re dei topi). Il racconto, scritto nel 1816, è poi inserito nei quattro volumi della raccolta Die Erzählungen der Serapionsbrüder (I racconti dei confratelli di San Serapione), ordinati fra 1819 e 1821. Sono creati, appunto, dal tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822), critico musicale e scrittore molto prolifico, impregnato di sensibilità romantica, movimento del quale è il maggiore esponente in Germania. Tanto che, nei decenni a venire, le sue chimeriche suggestioni nutriranno molti grandi autori. Citiamo Poe, Dostojievskij e Wagner, che fu un suo avido lettore, e il regista Fritz Lang. Ancora, è dello stesso autore il racconto Der Sandman (Il mago della sabbia), punto di partenza per un altro celebre balletto: Coppelia (1870).

In Schiaccianoci il primo elemento fantastico della trama si avvera nell’irreale dilatazione, enorme e mostruosa, della dimensione domestica che avvolge in sogno la protagonista: Clara (Maria/Maŝa, secondo le versioni). È una bimba, alle prese con un giocattolo, uno schiaccianoci, che si anima la notte della vigilia di Natale. Il luogo del racconto, situato agli inizi del 1800, è concentrato nella sala da pranzo, decorata magnificamente, del signor Stahlbaum, borgomastro di Norimberga. Da queste rasserenanti coordinate familiari, il percorso narrativo, grazie al sogno, prende il volo per una lunga escursione, con ritorno, in un universo magico e perturbante, inteso come «quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare», secondo Sigmund Freud.

Seguendo la più affermata tradizione ballettistica, vediamo la protagonista in un campo di battaglia, dove si affrontano un esercito di soldatini e una torma di topi; Clara è difesa dallo schiaccianoci, trasformato in valente principe. La ritroviamo in un bosco, addobbato a festa, cui segue il Konfitürenburg, il castello dei dolci. Sono le diverse parti di un viaggio in un mondo fantastico, proiettato da un creatore di balocchi: il misterioso Drosselmeyer, amico di famiglia e vero motore della vicenda, inventore di giocattoli meccanici, da lui animati con segreta sapienza. È un personaggio inquietante, molto eccentrico e molto amato dai bambini.

Tra le note e i passi si avverte, in controluce, una serie di fatti capaci di riempire interi manuali di psicologia dell’età evolutiva. Sono il doloroso e traumatico atto del crescere; il difficoltoso abbandono del mondo dei giochi e delle sicurezze; il confronto con il mondo degli adulti; la scoperta di una sessualità che si affaccia alle soglie dell’inconscio, con un fitto rimando di segnali; il superamento di quella linea d’ombra che segna il passaggio verso le tortuosità dell’adolescenza. Schiaccianoci, con le sue mini-battaglie, la violenza e l’orrore di certe presenze, è dunque dedicato alla tragedia dell’infanzia, all’abbandono dell’età d’oro dell’innocenza. Età che, solo oggi lo sappiamo con certezza, non esiste, attraversata com’è da inquietudini d’ogni sorta.

Malgrado la positiva soluzione del sogno, e il ritorno di Clara/Maria alla rassicurante realtà del focolare, la trama del racconto espone al calor bianco quel senso di «straniamento e ansia all’interno delle pareti domestiche e nello spazio urbano» che lo studioso Anthony Vidler individua, nei suoi saggi, «a partire dalla fine del Settecento, epoca in cui l’angoscia e lo spaesamento moderni hanno incominciato a divenire operanti». Quei sentimenti sono il prodotto di «una insicurezza di fondo: quella di una classe di recente formazione, la borghesia, che ancora non si sentiva al sicuro a casa propria». Nella ricerca, appagata, della sicurezza materiale, si anniderebbe il piacere del terrore. Secondo lo studioso Walter Benjamin, «questa sensazione fu esito della formazione delle metropoli, dell’apparizione delle folle brulicanti e delle inedite proporzioni assunte dagli spazi urbani. Un senso di straniamento rafforzato dalla raggiunta consapevolezza della natura transitoria di ogni certezza ottocentesca: storia e natura che mostravano l’impossibilità di vivere confortevolmente nel mondo».

Ma, come sempre, la danza confonde le carte a proprio vantaggio, e addolcisce la tenebroso costruzione originale del Nussknacker di Hoffmann, «in cui fantasia e realtà si confondono», binario ricorrente nelle opere del tedesco. Tanto più che quel racconto è filtrato da una seconda rilettura/riduzione, molto edulcorata: si tratta di Histoire d’un casse-noisette (1845), dell’altrettanto prolifico scrittore francese Alexandre Dumas Davy de la Pailleterie (1802–1870), ovvero Alexandre Dumas padre, l’autore de I tre moschettieri. È il lavoro di quest’ultimo ad ispirare direttamente prima Vševoložskij, poi Petipa, responsabile del libretto e della struttura coreografica. La cui esecuzione, per una grave (o diplomatica) malattia che colpisce l’indaffarato maître, viene da lui delegata al primo dei suoi assistenti: Lev Ivanovič Ivanov (1834-1901). Costui, «genio oscuro, introverso», secondo Vittoria Ottolenghi, prima di morire «povero e preda dell’alcool», fece in tempo a regalare alla storia della danza, con Schiaccianoci, e altri titoli, meno frequentati o dimenticati, il suo momento poeticamente più bello, l’atto bianco, de Il lago dei cigni.

“Lo Schiaccianoci, apparentemente, è il balletto meno drammatico della trilogia di Ciajkovskij; in realtà è un percorso di crescita, di scelte e di distacco dal mondo dell’infanzia”, conferma Raphael Bianco parlando di questa sua nuova produzione. “Le inquietudini della giovane Clara”, prosegue il coreografo, “sono le inquietudini di bambini che si affacciano alla vita adulta, distaccandosi dal loro mondo fantastico, dalla protezione dei propri feticci. In questa mia versione, liberamente ispirata all’omonimo balletto, La Fata Confetto sarà il personaggio guida che conduce Clara e gli spettatori fra dolci e doni misteriosi, in una progressiva maturazione attraverso la scelta di sorprese non sempre felici ma utili, dove i topi rappresentano l’anima nera, i fantasmi e le inquietudini di una giovane fanciulla ignara ancora di sé. Sulle note della straordinaria partitura di Ciajkovskij, ho immaginato un nuovo percorso per Clara, saldamente legato, a livello coreografico, alle radici classico-accademiche pur essendo un balletto dall’impianto contemporaneo, sfrondando la narrazione da tutti o quasi gli episodi del primo atto. Lascio al centro dell’azione la notte di Natale, la magia, i sogni e il senso di smarrimento di Clara, in un labirinto speculare fra mondo onirico e realtà, in un caleidoscopico ed elettrizzante gioco di scelte per trovare la strada giusta e riscoprirsi adulta. È un balletto dedicato ai bambini, dei quali non sempre cogliamo l’enigmatico groviglio di emozioni, incertezze e sentimenti”.

Durante la serata sarà offerta una dolce degustazione in collaborazione con Venchi.

Ermanno Romanelli

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