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A Castiglioncello e Ravenna Festival l’omaggio a Micha van Hoecke

Micha van Hoecke insieme a Michi Matsuse

RAVENNA – “Canto per un poeta innamorato” è il sentito omaggio che il
Ravenna Festival rende il 20 luglio, ore 21, Teatro Alighieri, alla figura di
Micha van Hoecke (Bruxelles, 22 luglio 1944 – Castiglioncello, 7 agosto
2021), persona e artista seguitissimo dal pubblico d’ogni angolo d’Italia, e da
plotoni di amici e danzatori e ballettofili d’ogni età.

 La serata di Ravenna è parte del progetto “Tre baci per Micha”, ideato da Miki Matsuse, moglie e compagna d’arte e di vita, da lui conosciuta a Tokyo quarant’anni fa, quando lei aveva solo 16 anni e Micha era una colonna del  Ballet du XX Siècle, allora guidato da Maurice Béjart, altro grandissimo Maestro il cui immenso operato rischia, oggi, di svanire nel nulla. Al contrario, il progetto di Castiglioncello e la serata di Ravenna sono pensati per trasmettere parte del patrimonio artistico che van Hoecke ha lasciato.
Voluto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Rosignano Marittimo e
dalla Fondazione Armunia, “Tre baci per Micha” porta nel Comune di Rosignano un’esperienza immersiva di composizione coreografica e visioni artistiche intorno a “La Dernière danse” di Micha, con dialoghi, laboratori e visioni realizzate dai danzatori dell’Ensemble, curati da Miki. Il progetto si concluderà al Castello Pasquini di Castiglioncello dal 15 al
17 Luglio 2022, con 3 giorni dedicati alla memoria del grande Maestro.


Sono questi i dovuti riconoscimenti ad un Maestro di vita e di umoralità e
varietà in danza, ad un equilibrista e giocoliere che faceva tutto
estremamente sul serio, anche se la sua apparenza era stemperata da
cordialità vibranti e risatone omeriche. Micha sembrava non dare troppo peso e seriosità a quanto faceva, e, anzi, indossava volentieri la maschera
dell’eterno giovanotto, capace di dribblare sottogamba sé stesso e le proprie
infinite capacità di gestire, creare, giocare, inventare, guidare i ragazzi del
suo Ensemble verso i suoi meravigliosi “castelli in aria”.
A ricordare il profilo e l’operato di Micha a Castiglioncello e Ravenna, che
hanno ospitato Micha e l’Ensemble per trent’anni, sarà Miki, che spiega così il titolo della serata: “Un poeta innamorato, perché Micha era entusiasta della danza, della musica, di Ravenna, del festival, del maestro Muti, di Cristina Mazzavillani. Non è solo un omaggio, dunque, ma un modo per far capire a tutti che persona fosse”.

A Ravenna verranno eseguiti brani tratti da “La dernière danse”, “Le voyage”, “Guitare”, “Le maitre et la ville”. L’intento? Raccontare la sua vita, a cavallo fra la cultura francese, italiana, belga e russa (la madre, cantante d’opera), e riannodare i fili di un discorso e di immagini ancora vivide nella memoria di chi le ha condivise e amate. Tra gli ospiti, insieme a molti dei tantissimi che hanno lavorato con Micha, saranno l’étoile Luciana Savignano e Manuel Paruccini, primo ballerino del Teatro dell’Opera di Roma, direttore artistico di Teatro Lo Spazio.
Involontariamente, quella che sarà una bellissima serata, spesa tra nostalgia, lacrime e sorrisi, ripropone un problema dei più gravi per la danza, in Italia: la mancanza di Maestri, quelli veri, grandi, unici e riconoscibili, quelli che lasciano il segno nei lavori che fanno e nelle “cucciolate” di allievi che ne seguono il percorso. L’assenza sostanziale di figure di riferimento nel nostro paese, il vuoto che esiste da sempre, ha permesso a tanti di auto-qualificarsi e “intronarsi” come “Maestri”, appunto, e non, invece, di guardiani del ripostiglio delle scope, il loro vero posto. Non è certo questo l’unico dei “gravi problemi”. Bisogna considerare
l’eccesso di offerta di danza, rispetto alla domanda, e il vero discrimine alle
tante, troppe proposte, fatte da chiunque; il fiorire di attività truffaldine votate alla scoperta di “nuovi talenti coreografici” (da collocare dove, come, con quali finanziamenti?); la mancanza di chiarezza e onestà da parte della
cosiddetta critica di danza, complice, in non pochi casi, delle furbate a cui
sopra, del non parlare chiaro rispetto a tanta aria fritta da sedicenti coreografi o supermanager, collocati alla guida di questo o quel “centro coreografico”.
Insieme ad Amedeo Amodio, benché assai diverso da lui, per competenza,
esperienza, visionarietà, Micha era, sulla carta e in palcoscenico, il solo e
unico possibile Maestro al quale affidare, in positivo, le sorti di gran parte
della danza italiana. Ma ad impedire la realizzazione di quel sogno/bisogno,
esigenza inalienabile, sono stati: la mercurialità del carattere, da vero artista, di Micha; la sua sostanziale insofferenza rispetto alle traversìe e ai lacci burocratici; l’assenza di funzionari dello Stato italiano con i quali aprire e concludere trattative vere, per trovare un centro vero, polifunzionale, alla francese, per intenderci, dove costruire un repertorio e una scuola veri, per ricevere finanziamenti veri, solidi, continuativi, affidabili. Tutto ciò si è messo di traverso. L’esito nefasto di tale sventurato vuoto è sotto gli occhi di chi vuol vedere, e non raccontare le solite barzellette sulla danza italiana, a se stesso o ad altri.

Ermanno Romanelli

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