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Al DAP Festival di Pietrasanta un ampio mosaico di novità esclusive

OSIEL GOUNEO PH.CARLOS QUEZADA

PIETRASANTA – È con una scelta ragionata, sudata, arrischiata e pagata in ogni senso, ma pagante nei risultati, che Adria Ferrali, con il suo DAP Festival, è riuscita a togliere Pietrasanta dall’albo delle “periferie dimenticate” rispetto alle Arti performative.

Non per le Arti visive e figurative, certo: in questo ambito la cittadina toscana risplende per proprio conto, da quando Michelangelo agguantò con le manacce sue, magiche e nodose, i superbi blocchi di marmo che sbocciano lì vicino: fiori virginei purissimi, incontaminati sin dall’origine del mondo. Tali restano ancora oggi, sino a quando i cavatori non decidono che invece è l’ora, e giù!, spezza, taglia, rompi e cadi, cadi!

È grazie all’ex danzatrice chez Martha Graham che Pietrasanta si è scoperta spazio ideale e perfetto per ospitare anche altri manufatti: quelli di danza, creati dalle centinaia di coreuti che la ragazza fiorentina richiama ogni anno dal mondo intero. È una selva di muscoli e talenti, esaltati per potenza, bellezza e originalità di pensiero e creatività: compongono, da sei stagioni, un mosaico di novità esclusive, giochi di prestigio che si vedono solo qui, e valgono il viaggio.

DAP Festival 2022 si concentra a Pietrasanta dal 26 giugno al 9 luglio, con 12 spettacoli e una dozzina di eventi estemporanei, danze perturbanti e invasive che traboccano fra slarghi, piazze, luoghi d’arte del territorio, con temerarie sperimentazioni coreografiche affiancate alle solide opere dei più famosi maestri della scultura mondiale.

Bolero_cor. Michele Merola foto Riccardo Panozzo

È questo “bivio e brivido incrociato” che, in due settimane, rende unico il panorama di Danza in Arte a Pietrasanta, festival unico nel proprio genere per l’unione di arti performative (danza e musica) e arti visive. Entrambe sono fuse in un’agorà dalla quale nasce un nuovo e coinvolgente linguaggio, che sprizza dai pori di spazi teatrali così definiti, contamina spettatori e luoghi esterni, sorprende con spettacoli inattesi e suggestivi, lacerti di vita che la danza mostra e ingloba in se stessa. Il DAP assolve così ad una delle funzioni primarie della danza, Arte che assorbe e trasforma ogni cosa.

Nell’edizione 2022 sfila un ventaglio di alterità, ciascuna tanto diversa e lontana dalle altre che di più non si può: La Veronal di Marcos Morau; MM Contemporary Dance Company di Michele Merola; Spellbound Contemporary Ballet di Mauro Astolfi; MN Dance Company Slovenia; Cannes Jeune Ballet Rosella Hightower con coreografie di Carolyn Carlson, Christophe Maillot e Thierry Malandain; la prima ballerina del Norwegian National Ballet Camilla Spidsoe con i Subjazz; Shahar Binyamini Dance da Israele; dagli Stati Uniti il duo FLOCK ed il collettivo Movement Migration, con le coreografe Kim Jones e Blakeley White McGuire; Apeksha Mundargi Dance dall’ India. Con loro sono star della danza classica e contemporanea internazionale: Maria Kochetkova, Sebastian Kloborg, Osiel Gouneo e la danzatrice PeiJu Chien-Pott (Positano Dance Award).

Il progetto artistico 2022 vede l’incontro di un eminente artista della scultura internazionale, il Maestro Kan Yasuda, con la danza contemporanea della danzatrice di Taiwan Peiju Chien-Pott, e le coreografie di Adria Ferrali. L’esclusiva scenografia verrà presentata il 9 Luglio sul Grande Palcoscenico della Versiliana in occasione del Gran Galà di chiusura del festival. L’ opera scultorea di Kan Yasuda, “L’Inconscio”, realizzata per il palcoscenico grazie alla collaborazione con lo Studio di Scultura Giorgio Angeli, affronta la dimensione onirica e idealistica della vita.

I colori e le pennellate che le decine di tersicorei spargono per Pietrasanta nei loro “quadri coreografici” non sempre corrispondono, esattamente, a quelli di una cittadina resa austera dal duro e severo lavoro d’arte che si fa tra marmo e bronzo, nei laboratori e nelle fonderie sparsi in giro per le stradine, con opere poi restituite da decine di gallerie allo sguardo goloso dei tanti turisti. Ma è giusto che sia così: in Arte ciascuno dona il meglio di sé.

Il DAP offre una visione organica della danza, con varie composizioni che formano le parti di uno stesso organismo, vivono in relazione l’una con l’altra, e insieme formano un tutto: un mare, nel quale confluiscono e sboccano rivoli e vene di passione, interessi e ricerca; un tessuto dove si annodano fili strappati; una passerella dove ritornano temi e modi, ossessioni e visioni. Sono depositi emotivi trasportati da una prorompente fisicità, accomunati dalla qualità e dalla luminosità che ha la danza vera.

Adrienne Hicks &James Boyd-MARK MOSELEY PHOTO

In questo senso il DAP può essere considerato il più rappresentativo dei festival di danza italiani: è un abbecedario di creazioni “graffiate”, “sporche” di vita, segnate dalle incrinature e dalle fragilità del nostro tempo. Il tutto visto attraverso i vetri opachi, smagati, che hanno gli sguardi molto personali, disincantati eppure stregati, dei veri artisti. Questi posseggono filtri che trasformano il panorama complessivo della rassegna in un vissuto più grande del singolo: rendono riconoscibile lo spazio interiore di chi è in scena, uno spazio nel quale lo spettatore ritrova il proprio sguardo, la propria transitorietà.

Forse è per questo che al DAP anche i più tosti, fra i danzatori, nascondono da qualche parte qualcosa di “cagionevole”: perché fragile è la danza, Arte dove nulla mai è perfetto, perché tutto è vivo. A Pietrasanta, come altrove, la danza non è soltanto la proiezione di un fisicaccio integro e possente, da “dipingere” e articolare: è un corpo che trascina con sé i segni dell’esperienza; è un’anima, che conserva le proprie ferite, ne mostra gli strappi, i frammenti. Ma è solo la danza, a sua volta, che ha la facoltà di ricomporre, sublimare e guarire le cicatrici. Ed è così che la danza si svela: è pelle, corpo, contenitore e unguento dalle capacità curative.         

Info: www.dapfestival.com/spettacoli-2022/

Ermanno Romanelli

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