ROMA – È proposto in modo più che felice, necessario, al Teatro dell’Opera di Roma, dal 2 al 9 maggio, La Fille mal gardé, il balletto più antico del repertorio.
In origine firmato da Jean Dauberval (1742 – 1806), figura centrale nel rinnovamento della danza di fine Settecento, il lavoro venne allestito in prima assoluta il 1 luglio 1789 al Grand-Théâtre di Bordeaux, con il titolo Le ballet de la paille ou: Il n’est qu’un pas du mal au bien. Ancora oggi ballato nei più importanti palcoscenici del mondo, lo spettacolo andò in scena al Teatro Costanzi nel 1881, novantadue anni dopo il debutto.
Resta centrale, anche in Italia, il nodo non risolto della trasmissione del conoscere e del saper fare relativo ai grandi titoli, argomento spesso al centro delle aspirazioni e della consapevolezza dei danzatori, i quali desiderano essere motivati nel far rivivere questi antichi gioielli. La coreografia attuale, nella ri-creazione firmata, nel 1960, per gli organici del Royal Ballet, da Sir Frederick Ashton (1904 –1988), figura tra le maggiori del balletto nel XX secolo, è fedele nella trama al racconto di partenza: due giovani sono uniti nell’amore ma separati dalle differenze di classe. Lise ama il contadino Colas, ma sua madre, la Vedova Simone, ruolo sempre en travesti, vuole darla in sposa al figlio di un ricco fattore, l’ingenuo e sciocco Alain. Tra feste campestri e danze di contadini, gli amanti riusciranno a convolare alle giuste nozze.
La favoletta graziosa e spensierata nasconde al suo interno una serie di ragioni che ne motivano l’allestimento. Intanto è essenziale nel costituire il repertorio della compagnia romana, perché è un fondamento nella storia della danza: è il libretto danzato più antico fino ad oggi. Inoltre La Fille mal gardée ripropone un archetipo nella storia del teatro, un topos che risale proprio alla più storia di Roma, la Càsina del commediografo latino Plauto: la fanciulla che si ribella alla tradizionale sottomissione al potere in una società altrove patriarcale, qui invece matriarcale. La visione del matrimonio come vantaggio economico si dissolve, e lascia invece spazio alla realtà dei sentimenti.
L’idea e la trama del balletto, capolavoro coreografico di Dauberval, furono ispirate da una gouache di Pierre-Antoine Baudouin (1723 – 1769), pittore allievo di François Boucher, autore di piccole e raffinate scene galanti. Queste vennero poi riprodotte da incisori come Pierre-Philippe Choffard (1730 –1809), disegnatore e illustratore tra i più brillanti del secolo. La stampa da lui realizzata rappresenta una giovane contadina rimproverata dalla madre perché sorpresa nel fienile con l’amante, visto fuggire da una finestra.
“Le Ballet de la Paille: ou il n’est qu’un pas du mal au bien”, divenne “La fille mal gardée” il 30 aprile 1791, quando Dauberval lo ripropose a Londra. Il balletto rifletteva, nel suo tempo, una nuova sensibilità filosofica, erede dell’Illuminismo. Scegliendo l’amore malgrado l’imposizione della madre, Lise costruisce il proprio destino, fuori dai doveri di stirpe, e contrappone la libertà di scelta della persona rispetto alla servitù patrimoniale.
La Fille, balletto-pantomima, era a tutti gli effetti un balletto in sintonia con i propri tempi: a due settimane dallo scoppio della Rivoluzione, mostrava l’espressione delle emozioni nella danza, teorizzata da Jean-George Noverre; e in palcoscenico proponeva una umanità di persone e caratteri semplici, al posto di antichi dei e dee, di satiri e ninfe, figure così care all’aristocrazia parigina.
L’atmosfera de La fille, così ingenua, all’apparenza, con quel tono di pastorale paesana, l’esaltazione della ruralità, della purezza della vita in campagna, possiede i caratteri del pre-romanticismo e la denuncia del potere corruttivo del denaro, tema letterario del XVIII secolo, come lo ritroviamo nel romanzo dell’abate Prévost, “La storia del cavaliere Des Grieux e Manon Lescaut”.
Le musiche della versione Ashton, adattate da John Lanchbery, comprendono quelle originali di Ferdinand Hérold, fra melodie popolari e citazioni di arie d’opera, perfettamente adeguate alla delizia del balletto. Nel quale Ashton, tra una gag e l’altra, lascia convergere e decantare secoli di tradizione della scena inglese, dal vaudeville al masque, dal travesti alla pantomima.
Per la prima volta sul podio capitolino è Philip Ellis, nominato miglior direttore al “Taglioni European Ballet Award”. Le étoiles Rebecca Bianchi e Susanna Salvi e la solista Federica Maine si alterneranno nel ruolo di Lise. Grande attesa per il ritorno di Daniil Simkin che sarà Colas, insieme all’étoile Alessio Rezza, al primo ballerino Claudio Cocino e al solista Simone Agrò. La coreografia in due atti di Ashton, ripresa dallo specialista Jean-Christophe Lesage, nell’allestimento della Bayerische Staatsoper di Monaco, è con le scene e i costumi di Osbert Lancaster, gli stessi della prima londinese.
Dopo la “prima” di martedì 2 maggio (ore 20), La fille mal gardée sarà replicata mercoledì 3 (ore 20), giovedì 4 (ore 11 scuole e ore 20), sabato 6 (ore 15 e ore 20), domenica 7 (ore 16.30), martedì 9 (ore 20).
Info: operaroma.it
Ermanno Romanelli