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In tre titoli all’Opera di Roma il talento e il genio di Robbins

foto Yasuko Kageyama

Due teatri ricordano al meglio uno dei maggiori coreografi del ‘900: l’Opera di Roma con “Omaggio a Jerome Robbins al Teatro Costanzi”, secondo titolo della stagione 2019/2020, e il Lirico di Cagliari, con una edizione made in USA di “West Side Story”, proposto dall’8 al 17 maggio.

La Serata Jerome Robbins è in scena al Teatro Costanzi da giovedì 30 gennaio a mercoledì 5 febbraio, con il corpo di ballo, i solisti, i primi ballerini, l’étoile del Teatro dell’Opera di Roma. Il programma è composto da “The concert”, “In the night” e “Glass pieces”. Le coreografie di Robbins sono riprese dal ballet master Jean-Pierre Frohlich. “Sarà una serata molto variegata, tra humor, poesia ed eleganza”, secondo la Direttrice del Ballo, Eleonora Abbagnato. “Dopo il classico Lago dei Cigni, nelle festività natalizie”, ha dichiarato Carlo Fuortes, sovrintendente dell’Opera di Roma, “e prima di un altro grande classico in marzo, Il Corsaro, siamo felicemente focalizzati su lavori della seconda metà del Novecento di un innovatore senza precedenti”. Nel capoluogo sardo il musical è la a ricchezza del percorso artistico di Jerome Robbins (1918–1998), lo riconosce tra i primi, grandi coreografi americani.

Nato a Manhattan, da famiglia di ebrei ashkenaziti di origine ucraina (Jerome Wilson Rabinowitz è il vero nome), autore di balletti senza tempo, e di danze tra le più versatili e complete, Robbins, in oltre cinquanta anni di attività, firma oltre sessanta titoli, non pochi dei quali vivono di una continua ricerca della varietà iconografica. È nel suo passato di ballerino di fila in riviste di Broadway, dove esordisce nel ’37, e dal lavoro sotto la guida, tra gli altri, di maestri come Michail Fokine, Agnes de Mille e Antony Tudor, che Robbins trova il segreto della piena e umorale caratterizzazione dei suo personaggi, attraverso un ventaglio di movimenti, anche assai “azzardati”, per l’epoca. Ed è con “Fancy Free” che ha inizio, nel ’44, la carriera come coreografo: il clamoroso successo del lavoro, privo d’ogni fardello folklorico, gli apre le porte di Broadway con un musical, “On the town”, derivato dal balletto (diventerà un superclassico anche in Europa, fra Londra, Stoccarda, Amburgo).  Ed è nelle avventure dei tre “marinaretti” in libera uscita a New York, che sono racchiuse le prime stigme della sua abilità e della ricchezza del suo intero repertorio, dove passano in rassegna altrettanti paesaggi umani e affreschi dell’America. Robbins coglie, in una dimensione ideale, il grande paese ancora “innocente” negli anni ’40 (con i musical “On the Town” e “Billion Dollar Baby”); la metropoli corrotta dalla violenza fra gang e dai conflitti interetnici negli anni ’50 (“West Side Story” e “N.Y.Export: Opus Jazz”); la ricerca di radici che è stemma della cultura ebraica cui appartiene (“Fiddler on the Roof” e “Dybbuk Variations”). A Broadway il coreografo trasferisce la stessa coesione formale che è propria del balletto. Vuole “raggiungere un più vasto orizzonte di pubblico”, come affermava; ampliare gli orizzonti dell’uno e l’altro genere; trovare una maggiore profondità di ispirazione in vicende “ordinarie”, quotidiane, anziché nella “favolistica” del balletto; costruire una solida tradizione tutta americana per il musical.

Dall’uno all’altro ambito performativo, quella che in lui si scorge in prospettiva è una autentica e controversa dichiarazione d’amore rivolta all’America “come è”, e “come la vorrei”. Ogni riferimento all’american way of life aderisce alla realtà quotidiana, ritratta e declinata, fra musical e balletti, utilizzando l’arte coreutica come un docile strumento per parlare delle molteplici pieghe dell’esistenza, in una aperta combinazione con altre forme teatrali. Per lui, sin dall’inizio, l’obiettivo è sperimentare, coniugare musical, teatro, jazz, danza contemporanea, films, televisione e musica, arti nelle quali ha indirizzato e forgiato il proprio grande talento in vari momenti della propria formazione. È il New York City Ballet la compagnia dove George Balanchine, maestro da lui venerato, lo vuole come maître de ballet (1949-57, e 1959-83), e infine condirettore, con Peter Martins (1983-90). In ciascuno dei titoli che vedremo a Roma, Robbins esalta l’energia dei ballerini e la caratterizza, qui come ogni volta, in una polifonia di movimenti, vero segreto della sua attrattiva e ricchezza.

Il primo è il grottesco “The Concert, The Perils of Everybody”, specchio della straniata follia della condizione umana. Robbins lo crea per il NYCB con il quale debutta il 6 marzo 1956 al City Center of Music and Drama di New York. “Il balletto”, ci informa il comunicato stampa, “particolarmente brillante, in un atto, ritrae i comportamenti di un pubblico che ascolta un concerto per pianoforte, e affresca situazioni ricorrenti durante i concerti, in un crescendo di gag dalla forte componente umoristica. Il pianista suona Frédéric Chopin in scena: i suoi spettatori lo raggiungono, si portano una sedia e animano comicamente il concerto, esternando, con gesti e atteggiamenti, i comportamenti che li caratterizzano. C’è il ragazzo attento che siede in prima fila, le due donne che scartano caramelle e disturbano il ragazzo parlando in continuazione, la donna bella e sinuosa che ascolta languidamente il concerto appoggiandosi al pianoforte, la donna vigorosa dal forte temperamento, il marito premuroso succube della moglie dispotica, il timido occhialuto, il ritardatario che disturba i presenti, la maschera che chiede i biglietti e fa spostare gli spettatori da un posto all’altro”. Scene di Saul Steinberg e Edward Gorey, costumi di Irene Sharaff, luci di Jennifer Tipton, riprese da Les Dickert.

La soavità della musica di Frédéric Chopin è rifratta e moltiplicata per una seconda e diversa creazione e visione del mondo: “In the night” (1970),  segnato dall’inquietudine e dall’impossibilità del dialogo interpersonale. Il balletto viene creato da Robbins il 29 gennaio 1970 al New York State Theater, Lincoln Center, per il NYCB. “Tre diverse coppie di innamorati sono le protagoniste di questo elegante e raffinato balletto: una prima coppia è formata da giovani, una seconda da lirici, l’ultima da passionali amanti che s’incontrano sotto il cielo stellato di mezzanotte. I tre pas de deux esprimono coreograficamente i diversi temperamenti delle coppie sulle note di tre Notturni di Chopin. La prima coppia invade il palcoscenico con una danza fluida di tenera espressività; la seconda interpreta un duetto molto raffinato ed elegante; l’ultima esegue una danza d’impetuoso contrappunto, affidato alla grinta di Abbagnato. Lei oscilla tra il furore esplosivo e la supplica disperata; con il partner, l’étoile internazionale Zachary Catazaro, anima una disputa e una riconciliazione. Questo affascinante affresco delle peripezie amorose si conclude con una danza d’insieme di tutte le coppie. I costumi sono di Anthony Dowell, che nel 1973 danza in maniera memorabile ‘In the night’ al Royal Ballet”.

In “Glass Pieces”, al minimalismo della musica di Philip Glass, corrispondono movimenti seriali e un atletismo che sfida la resistenza dei ballerini, fra promenades e salti spericolati. Il balletto debutta il 12 maggio 1983 al New York State Theater con il NYCB. “È un lavoro altamente formale, articolato in tre sezioni, dove Robbins sovrappone a un vocabolario tradizionale concetti provenienti dalla postmodern dance e costruisce schemi di movimento e ritmi visibili che traducono in architettura fisica le musiche di Philip Glass: Rubric e Façades (dall’album Glassworks), accanto a degli estratti dall’opera Akhnaten. Il risultato è un sofisticato linguaggio moderno che è allo stesso tempo ipnotico e carico di energia, quella di ben quarantadue ballerini in scena”. Scene dello stesso Robbins con Ronald Bates, i costumi di Ben Benson. Saranno in scena l’étoile Rebecca Bianchi, i primi ballerini Susanna Salvi, Claudio Cocino, Alessio Rezza, i solisti Marianna Suriano, Michele Satriano e Giacomo Castellana. Le luci della Serata Jerome Robbins sono di Jennifer Tipton. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è diretta dal maestro Carlo Donadio.

Ermanno Romanelli

 

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