Notizie di danza in Italia e all’estero, per danzatori, insegnanti e appassionati

Splende il segno della Bausch nei feroci Sette peccati capitali

Dal 7 al 15 marzo 2020, il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch ripropone “I sette peccati capitali”, uno dei titoli più celebrati, l’ultimo, in effetti, della coppia Brecht/Weill, e tra i lavori più interessanti e innovativi di Pina Bausch (1940-2009).

A Wuppertal l’allestimento di Brecht/Weill vedrà Josephine Ann Endicott, che era parte del cast originale, impegnata a supervisionare la nuova messa in scena, insieme a Julie Shanahan, assistita da Bénédicte Billiet. La Wuppertal Symphony Orchestra sarà diretta da Jan Michael Horstmann, con cantanti della Wuppertal Opera e sei guest star, tra le quali spicca il nome di Ute Lemper (http://www.pina-bausch.de/en/works/complete-works/show/die-sieben-todsuenden/), compresa in un cast internazionale, con attori e cantanti di grande livello. Una scelta, quella della direttrice artistica dell’ensemble, Bettina Wagner-Bergelt, che ha già pagato: infatti la produzione è stata invitata dal Théâtre de la Ville per esibirsi al riaperto Théâtre du Châtelet, con l’Ensemble Intercontemporain.

Il balletto “I sette peccati capitali” fu eseguito per la prima volta al Théâtre des Champs-Elysées, nel 1933, con una coreografia di George Balanchine, primo in una lunga lista che comprenderà, tra molti altri, i nomi di Harald Lander, Aurel Milloss, Kenneth MacMillan, Birgit Cullberg, Maguy Marin e, in Italia, Micha Van Hoecke.

La seconda parte della serata a Wuppertal è un collage di pezzi di di Pina Bausch, dal titolo “Non avere paura”, con un collage musicale di brani da opere di Brecht/Weill: da Rise and Fall of the City of Mahagonny, Happy End, The Threepenny Opera e The Berlin Requiem, come già realizzato dalla Bausch nel ’76, sempre all’Opera di Wuppertal. Con “Die sieben Todsuenden” la geniale coreografa tedesca ha affermato con potenza il proprio segno, nel senso della più vivace sperimentazione e contaminazione fra varietà di generi, dal canto alla danza al teatro, ignorando i confini tra le diverse forme d’arte. Il risultato, accolto a suo tempo con fragrante successo, è stato una miscela a sua volta, ma originalmente, brechtiana, di feroce critica sociale, compresa tra abissi di disperazione da un lato e speranza dall’altro, con sorprendenti innesti di pura gioia della danza, e il vivace sostegno di bagliori improvvisi che rimandano a spettacoli di varietà e cabaret.
Ermanno Romanelli

 

L'ultime da Spettacoli

Torna in CIMA