Notizie di danza in Italia e all’estero, per danzatori, insegnanti e appassionati

La suggestione dei “Vivaldi works” al Teatro Asioli di Correggio

Vivaldi Umane Passioni cor. Michele Merola foto Riccardo Panozzo

 Eugenio Scigliano, Daniele Ninarello e Michele Merola in una serata di danza a tre,  

tra temi di attualità, rimandi alla natura, le verità nascoste nei rapporti umani

CORREGGIO – Si mettono a fuoco con esattezza prospettive estetiche e tecniche, e le finalità del creare in una serata di danza tripartita, strutturata a partire da un soggetto definito, sì che le variazioni sul tema fornite dai tre coreografi scatenano confronti, riflessioni, giudizi. In consonanza con l’immaginifico, centrato, di ogni autore, “Vivaldi works” è il fil rouge delle tre produzioni, in prima nazionale, viste al Teatro Asioli, a Correggio (www.teatroasioli.it), piccolo ma ben strutturato sancta santorum della ottocentesca teatralità all’italiana, luogo dove, da tempo, trovano spazio e attenzione prove di danza contemporanea, meno facilmente visibili altrove.

Brani di partiture del compositore veneziano Antonio Vivaldi sono il “materiale coibente” rispetto al quale, nelle diverse modulazioni, gli otto componenti della MM Contemporary Dance Company mostrano tempra e generosità, infiammate al calor bianco dal continuo cambio di passi, tempo e lineamenti acustici.

La “No Man’s Land” di Eugenio Scigliano, compresa nel “Largo” del “Concerto per violoncello RV 408”, conferma la bella cifra di un autore che sa declinare come pochi le risorse dei danzatori, qui il team composto da Paolo Lauri, Giovanni Napoli, Cosmo Sancilio, Nicola Stasi. Un motivo di dolente attualità, l’esperienza dei migranti, è l’occasione per cesellare, entro il bulino della coreografia, cadute, slanci, prese, aperture e connessioni “di” e “tra” corpi predestinati a svanire nel nulla. Quanti, “prima”, erano uomini, dopo l’esodo diventano “fantasmi”, sradicati dalle proprie origini, senza nome e individualità, smarriti e semi affondati o affogati nel buio della “terra di nessuno”. Tra sprazzi di luce e nebbie, insieme tentano, senza successo, come ultima speranza, l’approdo in un territorio alieno, non indicizzato, non detto, ma ben presente alla comune sensibilità: il nostro mondo. Ed è questo un nobile modo, per calibrata intelligenza ed emotività, da parte di Scigliano, di riportare sulla Terra “l’impalpabile leggerezza” della danza. Con lui diventata, invece, protagonista, pura e appassionata, del dibattito corrente, testimonianza “astratta” ma concretamente poetica di una sofferenza che da anni ci corre accanto, resa ormai “invisibile” dalla video usura quotidiana.

Del tutto estraneo alla contingenza del presente, ma immerso nel flusso eterno, senza tempo, della naturalità, su brani non detti di Vivaldi, è invece “Bloom” di Daniele Ninarello, autore di un implacabile “orologio meccanico” dedicato allo sbocciare, appunto, dei fiori, spettacolo proposto in “anteprima”, lo scorso settembre, a Ravenna, Festival Ammutinamenti. Catapulte di braccia, fluire ripetitivo delle gambe, sincronia totale di movimenti in cerchi aperti e chiusi, in sferzante successione, creano un incanto che rimanda al vero, al possibile nel mondo vegetale. Liberamente interpretato dalla fantasia e dai segni dell’orchestica, quella “naturalezza” è restituita dalle possibilità di una danza che, anche per gli inserti di brani di Steve Reich, ricorda il “fare” minimalista di Lucinda Childs: altrettanto ossessivo, meno gelido. Si esaltano puntualità ed esattezza degli interpreti in una prova di superba gestualità, inesorabile nel procedere quanto suscettibile di imprecisioni, mancanze e ritardi, tutti evitati da Emiliana Campo, Fabiana Lonardo, Giovanni Napoli, Miriam Re, Cosmo Sancilio, Nicola Stasi, Gloria Tombini.

La seconda parte della serata è occupata da “Vivaldi umane passioni”, in anteprima lo scorso febbraio al Teatro Ristori di Verona, che lo ha coprodotto. Anche se non aderisce in modo dichiarato a precise partiture del compositore, il titolo dice la volontà di Merola di continuare a pagare pedaggio alle cose della vita. Sulla scena, il coreografo afferma un ordito di discorsi amorosi negati, torsioni viscerali, anatomie esposte o chiuse in sé. Si legge, nella trasparenza dell’arabesco coreografico, l’eterno desiderio dell’autore di indagare, raccogliere e raccontarci sprazzi di verità nei rapporti umani, in un flusso che non punta alla più  accomodante musicalità, ma cerca l’interiorità dei corpi e il dire segreto dei sensi. Mentre cura l’architettura e la prospettiva, complessive e razionali, della coreografia, da un lato Merola sposa l’attenzione ai particolari del movimento, dall’altro racconta di affanni, fatiche, delusioni che si nascondono tra un passo e un altro, tra un volo e un brusco ritorno a terra. Il suo è un “navigare a vista” tra le supreme ambiguità della condizione umana, divisa tra l’Essere e il tentativo, eternamente fallito, di conciliare e fondere l’Io con l’Altro. Sprazzi in divenire di pura bellezza sono le levitazioni dei corpi, segnatamente quelli femminili, sospesi in aria per brevi momenti in un ricorso di citazioni all’arte di Marc Chagall, che l’autore dichiara in prima istanza.

Nella summa, ciò che rende unica ogni coreografia di Merola è il pudore con il quale l’artista, attraverso la danza, codifica, nasconde e svela, insieme, il proprio bisogno di amore e tenerezza, ed è in grado ogni volta di trasmettere la potenza e la semplicità di questi sentimenti, da lui restituiti con le chimere del visionario che è, grazie alla bella prova di Emiliana Campo, Paolo Lauri, Fabiana Lonardo, Giovanni Napoli, Cosmo Sancilio, Nicola Stasi, Gloria Tombini .

La serata aveva il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia-Romagna, Teatro Asioli di Correggio,  ASD Progetto Danza Reggio Emilia, SoDança. Partner tecnico: Pro Music

L'ultime da Spettacoli

Torna in CIMA