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Con “Eden” e “Pastorale”

si alza il sipario su InDanza

MMCDC Pastorale foto Tiziano Ghidorsi

La serata si apre con il breve e intenso “Duo D’Eden”, capolavoro di Maguy Marin, per la prima volta interpretato da una compagnia indipendente italiana. La ripresa di questo notissimo duetto, in esclusiva nazionale per la MMCDC, è un evento. Nato nel 1986 ad Angers e interpretato anche da étoiles del Ballet de l’Opéra de Paris, “Duo d’Eden” è un articolato corpo a corpo di rara bellezza tra due esseri seminudi, un passo a due di prese e avvinghiamenti dal quale emerge uno stato di grazia da paradiso terrestre.

Così ne scrive Yasmine Tigoe: “Due corpi, come nudi, avanzano in scena, si avvinghiano l’uno all’altro e non si lasciano più. Un uomo e una donna con i corpi che si attirano e si aggrappano, congiunti l’uno all’altro fino a diventare indissolubili. Lei, una liana che si avvolge, si attorciglia. Lui che la tiene, la ritiene, la sostiene. C’è qualcosa di mitico nella loro danza, in questa fusione totale di due esseri che diventano uno per non separarsi più. Eden è l’amore originale, quello dei tempi dell’innocenza. C’è anche qualcosa di crudo e di primitivo, in questo duo. L’immagine dei rumori delle cascate e di temporali che compongono il suono della danza. Eden è una danza piena di forza e di bellezza, forse a causa di ciò che di naturale si sprigiona dal movimento della purezza e dalla precisione del gesto, dalle figure quasi plastiche, dalla potenza dei corpi. È da lì che sorge l’emozione. Da questa sobrietà che rivela l’essenziale. Se l’amore è una danza, è sicuramente Eden”.

Segue “Pastorale”, coreografia di Michele Merola sulla Sinfonia n.6 Op.68, detta appunto “Pastorale”, di Ludwig van Beethoven, omaggio al compositore nell’anno dei festeggiamenti dei 250 anni dalla nascita. La partitura è trascritta per due pianoforti e interpretata dai virtuosi fratelli Giancarlo e Stefano Guarino. Nella coreografia, per nove interpreti, il coreografo dichiara di voler seguire l’andamento dei cinque movimenti della celebre Sinfonia riallacciandosi al significato profondo del componimento e alle fonti di Beethoven: l’uomo a contatto con la natura e la vita campestre. Topos romantico, quello dell’incontro con la natura è in questo caso anche dato di vita reale per Beethoven, che all’epoca del componimento trascorreva molto tempo in campagna. “Per le rocce, gli alberi e i boschi passano le risonanze di cui l’uomo ha bisogno”, recita, infatti, il sottotitolo dell’opera.

È un tema di grande attualità quello del rispetto della natura, che Merola riprende nella sua coreografia insieme alla struttura formale della Sinfonia su cui la danza si modella. “Nei cinque movimenti della Sesta Sinfonia – spiega Merola – ascoltiamo emergere gli opposti in lotta. Nella coreografia ho cercato la medesima progressione di contrasti: passi pieni di lirismo alternati a tensione ritmica, gestualità morbide e slanci concitati. E i danzatori diventano qui attori, spettatori e mediatori di una nuova consapevolezza nei confronti del paesaggio”. In un’ambientazione tendenzialmente astratta, elementi naturali nei costumi e nel decor rievocano i temi mimetici e bucolici di Beethoven, accompagnati dai poetici cromatismi delle luci che caratterizzano ciascun movimento.

Info: www.centrosantachiara.it

Ermanno Romanelli

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