Artisti e pubblico vanno in “Orbita” con il Festival di Spellbound

For Old Times’ Sake Tanz 36 foto Ingo Hoehn

ROMA – Ha un titolo significante in sé, “Orbita”, la prima edizione del festival con la direzione artistica di Spellbound a Roma. La città non manca certo di manifestazioni, ma non conosce una rassegna d’autore, in questo caso due: Mauro Astolfi, direttore della compagnia, e, soprattutto, Valentina Marini, mente, anima e motore a propulsione nucleare di Spellbound.

Attivo dal 25 marzo al 21 maggio, il festival prevede sei appuntamenti, ognuno dei quali preceduto da una serie di incontri fra gli artisti e il pubblico, per dieci progetti performativi, tre prime nazionali e una prima romana. Il programma accoglie provenienze da Argentina, Olanda, Regno Unito, Italia. “Orbita”, in collaborazione con la Fondazione Roma Tre Teatro Palladium, intende mappare le realtà di punta della danza contemporanea, nazionale e oltre, mettere in relazione talenti emergenti e artisti affermati, ripensare i processi artistici in un momento di forte complessità.

bastard sunday

Il progetto rispecchia la forte identità di Spellbound Contemporary Ballet, da quasi trent’anni protagonista del processo di internazionalizzazione della danza, e non solo. Varie le tematiche al centro della programmazione. 

Le identità omosessuali sono state proposte il 25 marzo, con l’esplosivo Un Poyo Rojo, coproduzione franco-argentina che unisce teatro, danza e performance acrobatica, firmata a sei mani dai coreografi, danzatori e attori Alfonso Barón, Luciano Rosso e Hermes Gaido. Nato nella periferia di Buenos Aires in un momento in cui la società argentina si divideva in modo radicale rispetto alla proposta di legge sui matrimoni omossessuali, “Un Poyo Rojo” mette in scena due uomini che, nello spogliatoio di una palestra, si affrontano come due galli da combattimento: si scrutano, si squadrano, si provocano e alla fine si seducono. Fra divertimento e commozione, un invito libertario, giocoso e politico a esplorare tutto il ventaglio delle possibilità fisiche e spirituali dell’essere umano.

Tanz 36 foto Ingo Hoehn

Il 2 aprile Enzo Cosimi presenta tre progetti fra performance e installazione dal titolo “Il corpo originario – Sistemi polifonici installativi”. Il primo pezzo, Off Label, si immerge nella transessualità dei corpi per indagare il percorso delle persone in transito e reinventare modalità per abitare lo spazio fisico, urbano e sociale. Il secondo pezzo, Visione Africana, riporta alla luce, in una folgorazione visiva e ipnotica, i fantasmi dell’Africa, dalla schiavitù al colonialismo passato e recente, rievocando la forza ancestrale di un continente violentato, che si sottrae, attraverso l’opacità del suo sguardo e la potenza della visione magica e simbolica, all’istanza funzionalista del pensiero occidentale. The Respirator, infine, si confronta con le angosce scaturite dall’esperienza pandemica mettendo in scena la relazione fra una voce neutra che legge il referto medico di una paziente attaccata a un respiratore artificiale e un corpo iper-performante, in uno straniante cortocircuito tra atmosfera mortifera e vitalità erotica.

Il 3 aprile, la Compagnia Enzo Cosimi torna con Pasolini/Elogio alla barbarie, progetto speciale per il centenario della nascita del poeta. Cosimi ha riallestito Bastard Sunday, creazione del 2003 che amplifica e viviseziona, attraverso un’impalcatura drammaturgica, la visione poetica pasoliniana, aprendola ad una complessità inedita, con la collaborazione del musicista e compositore berlinese Robert Lippok dei To Rococo Rot.

Il 21 aprile la serata accoglie due giovani coreografi, entrambi premiati come migliori autori nel 2019 e 2020 al Premio Internazionale di Copenaghen. L’afrodiscendente Kwame Asafo-Adjei firma per la compagnia Spoken Movement lo spettacolo Family Honor, che fra teatro e danza hip-hop affronta il tema della violenza domestica, attraverso la ribellione di una giovane donna alle costrizioni familiari. Subito dopo, andrà in scena la creazione del coreografo inglese di nascita ma cresciuto fra Filippine e Indonesia Phoebe Jewitt: For Old Times’ Sake si ispira alle più recenti ricerche sulla cura del disturbo da stress post-traumatico per esplorare le modificazioni della memoria. Uno spettacolo vertiginoso in cui lo spettatore si ritrova di fronte a una percezione alterata dello spazio e del tempo.

UN POYO ROJO foto Magui Pichinini

Il 28 aprile al Palladium arriva invece uno dei protagonisti della new wave coreografica italiana, Marco D’Agostin, che presenta a Orbita l’unico spettacolo italiano presentato alla Biennale di Venezia e che vanta la nomination al Premio Ubu 2021: Best Regards è una lettera, un omaggio al coreografo britannico Nigel Charnhock, scomparso nel 2012, fra i fondatori della celebre compagnia DV8 – Physical Theatre. D’Agostin gli rende omaggio con un one man show di azioni cantate, recitate e coreografiche. “Best Regards è la lettera che scrivo, con 8 anni di ritardo, a qualcuno che non risponderà mai. È un modo per dire: ’Dear N, I wanted to be too much too’”.

Il programma della prima edizione di Orbita si chiude con un’altra prima nazionale e lo sguardo rivolto verso il futuro dell’umanità. Il 21 maggio la coreografa serba Dunja Jocic presenta “The Previous Owner”, spettacolo che esplora il tema del transumanesimo: nel futuro, la mente di un uomo morente è installata su un corpo giovane, e accende così una lotta sull’identità e l’appartenenza di questa nuova creatura.
Ermanno Romanelli

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