Per la sessantaquattresima edizione del Festival dei Due Mondi, a Spoleto, la danza è protagonista nell’ultimo weekend del Festival. Venerdì 9 luglio, alle ore 16, al Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi (con una seconda recita il giorno successivo) debutta “Muyte Maker”. della giovane coreografa franco-portoghese Flora Détraz.
Le protagoniste, Mathilde Bonicel, Inês Campos, Agnès Potié e la stessa Détraz, costruiscono una rappresentazione della donna nella società patriarcale attraverso una serie di episodi divertenti e scabrosi. «Muyte Maker deriva dall’antica lingua fiamminga – spiega Détraz. Significa “ammutinamento”, ma anche “gabbia per uccelli”. Questo doppio senso, che evoca sia la libertà che l’intrappolamento, credo si adatti molto bene al pezzo. E poi mi piace molto anche la sonorità di queste due parole combinate. Nessuno sa davvero come pronunciarle bene e questo conferisce loro un potenziale per significati immaginari. Alla fine, mi interessava il fatto che questo concetto avesse un forte significato sotterraneo e che provenisse da una lingua ancestrale, quasi criptata».
Alle ore 20:30, al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, è in programma “Le Lac des cygnes”, firmata dal coreografo Angelin Preljocaj. Il capolavoro musicale di Pëtr Il’ič Čajkovskij è affiancato dagli arrangiamenti contemporanei del collettivo 79D. Pur restando fedele alla struttura drammaturgica del celebre balletto, Preljocaj porta in scena la sua versione del mito del danzatore-cigno focalizzandosi sugli impulsi di ciascun personaggio, con uno sguardo all’ecologia e al futuro. In una metropoli industriale, con l’acqua che sparisce a causa del riscaldamento globale, il cigno nero è in via d’estinzione, come racconta il coreografo: «Sulle rive di un lago, Rothbart vuole sfruttare un giacimento di energia fossile. Una giovane ragazza, Odette, sembra sventare i suoi piani, lui la trasformerà in un cigno. Altrove, a una festa, Siegfried va ad opporsi al padre che vuole unire le forze con Rothbart per costruire una fabbrica sulle rive del Lago dei Cigni».
Ermanno Romanelli