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“La giara” di Roberto Zappalà al Teatro Regio di Torino

Roberto Zappalà La Giara foto AndreaMacchia

Dal 12 al 22 giugno, per nove recite, il Teatro Regio di Torino (www.teatroregio.torino.it), per la propria Stagione di Opera & Balletto, presenta un dittico tutto mediterraneo: la prima assoluta della creazione coreografica La giara, di Roberto Zappalà, un atto unico liberamente ispirata all’omonima novella di Luigi Pirandello, su musiche di Alfredo Casella, drammaturgia di Nello Calabrò.

Ne è protagonista la Compagnia Zappalà Danza, nata nel 1990 a Catania, con i danzatori: Adriano Coletta, Filippo Domini, Ruben Garcia Arabit, Alberto Gnola, Marco Mantovani, Gaetano Montecasino, David Pallant, Dario Rigaglia, Junghwi Park, Adriano Popolo Rubbio, Erik Zarcone, con orchestra e tenore del Teatro Regio di Torino. Regia, coreografia, scene e luci de La Giara sono di Roberto Zappalà, la drammaturgia di Nello Calabrò, i costumi di Veronica Cornacchini e Roberto Zappalà. L’Orchestra del Regio è diretta da Andrea Battistoni. La nuova produzione de La giara è di Scenario Pubblico Compagnia Zappalà Danza – Centro Nazionale di Produzione della Danza, in collaborazione con il  Teatro Regio di Torino con il sostegno di MIBAC e Regione Siciliana Ass.to del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo. Nella stessa serata va in scena il melodramma Cavalleria rusticana, capolavoro di Pietro Mascagni, in un nuovo allestimento con la regia di Gabriele Lavia.

Il nuovo progetto di Roberto Zappalà e della sua Compagnia porta in scena in prima assoluta uno spettacolo che vede protagonisti undici interpreti maschili. “È il mio secondo viaggio con Pirandello”, dice Zappalà, “venticinque anni fa ho affrontato per la prima volta un lavoro su un suo testo: Il berretto a sonagli. E anche oggi con La giara ho l’occasione di elaborare una visione personale delle vicende e dei temi cari allo scrittore agrigentino: il territorio siciliano, le sue contraddizioni, i conflitti interpersonali.  E’ stato un viaggio affascinante attorno alla gestualità rurale, dove tradizione e contemporaneità si sono incrociate e combinate per realizzare un affresco della Sicilia anche questo parte del mio progetto Re-mapping Sicily, come quinta tappa. Abbiamo incontrato e abbracciato l’Etna, Pinocchio, la Balena, la donna, il suo ventre, e ancora una volta l’accoglienza”.

La giara è, in origine, un breve racconto che Pirandello scrisse nel 1906, pubblicato nel 1909 sul Corriere della Sera; inserita in seguito nel volume Le Novelle per un Anno, diventa nel 1916 un atto unico. Il balletto nasce nel 1923, come commedia coreografica in un atto, con scene e costumi affidati a Giorgio de Chirico, musica commissionata a Casella da Rolf de Maré, nel 1923, per i suoi Ballets Suédois, compagnia attiva dal 1920 al ’25, dalle scelte musicali e artistiche innovative. A partire da Pirandello, Roberto Zappalà realizza un pezzo di danza dove le atmosfere e i temi vengono filtrati come sempre alla luce della propria sensibilità contemporanea. “La giara non è più oggetto di scena per quanto fondamentale; la giara diventa la scena. Lagiara oggetto si trasfigura in “La giara” spettacolo. La giara è nello stesso tempo la pancia all’interno della quale si svolge la creazione e la bocca dalla quale la si fruisce. Bocca che non parla, non vomita parole ma danza. La giara è una pancia; la giara è una bocca. Nella giara pancia dove si immagazzina l’olio/liquido amniotico, un taglio netto e obliquo, quasi come un taglio di Fontana, permette allo spettatore di vedere la danza che si svolge al suo interno. Perché la giara è un paradosso: al suo interno siamo tutti imprigionati ma al contempo è il luogo dove ci sentiamo protetti e al riparo; è “luogo” d’osservazione privilegiato. Forse solo dalla giara si può vedere veramente il mondo. La pancia è quindi una prigione non solo accettata ma anche dalla quale non si vuole più uscire, come la Fortezza di Parma per Fabrizio del Dongo. La giara è in definitive, come il palcoscenico nel monologo di Macbeth, il luogo al cui interno tutti viviamo nelle nostre contraddizioni. Dove viviamo e danziamo”.

Come ricordava il grande Marino Palleschi, con il grande successo della prima versione del balletto creato su La giara a Parigi ne seguirono molte altre, “a partire da quella di Rosina Galli nel 1927, al Metropolitan Opera House di New York; Bronislava Nijinska nel 1927 al Colon di Buenos Aires; in occasione del debutto del Balletto dell’Opera di Roma, nel 1928 al Teatro dell’Opera di Roma da Ileana Leonidoff, che ne fu interprete assieme a Dimitri Rostoff e a Aleksandr Markov. Il balletto fu ancora ripreso con coreografie diverse: Ninette de Valois nel 1934 col Sadler’s Wells Ballet al Sadler’s Wells Theatre di Londra; Aurel Millos per il Balletto dell’Opera a Roma nel 1939, a Firenze nel 1957 con scene e costumi di Renato Guttuso, poi a Palermo al Teatro Massimo nel 1958 con il medesimo allestimento; Bianca Gallizia al Teatro Sociale di Como (per la Scala di Milano) nel 1943, con scene e costumi di Veniero Colasanti;  Margherita Wallmann per la Scala di Milano nel 1949 con scene e costumi di Mario Vellani Marchi; Luciana Novaro per la Scala di Milano nel 1962 con scene e costumi di Aligi Sassu; Ugo dell’Ara per il Politeama Garibaldi di Palermo nel 1976 con scene e costumi di Salvatore Russo; Giuseppe Carbone al Teatro Regio di Torino nel 1977; Gianfranco Paoluzzi nel 1990 Palatenda di Torino e nel 1991 al Teatro Regio di Torino; da Enzo Cosimi nel 1991 al Teatro Verdi di Firenze per MaggioDanza. Nel 2008 viene riproposta al Teatro dell’Opera di Roma la versione di Börlin nell’allestimento di de Chirico, per la ricreazione di Millicent Hodson.
E.R.

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