Le coreografie di Merola e Morelli all’Asioli


Al Teatro Asioli di Correggio debuttano le nuove produzioni della MM Contemporary Dance Company: “Schubert Frames”, di Enrico Morelli, e “Gershwin Suite”, di Michele Merola

Sabato 24 febbraio, alle 21:00, al Teatro Asioli di Correggio, debutta la nuova produzione 2018 della MM Contemporary Dance Company. Lo spettacolo è composto da un dittico: la prima nazionale di “Schubert Frames”, di Enrico Morelli, e “Gershwin Suite”, di Michele Merola, fresco di esordio al Teatro Ristori di Verona, che lo ha coprodotto. In entrambi i lavori, il disegno luci è di Cristina Spelti. Gli interpreti sono Emiliana Campo, Angelo D’Aiello, Paolo Lauri, Fabiana Lonardo, Lorenza Matteucci, Giovanni Napoli, Miriam Re, Cosmo Sancilio, Nicola Stasi, Gloria Tombini, Lorenza Vicidomini.

È alla seduzione della musica di Franz Schubert che Enrico Morelli ha voluto affidare il suo nuovo lavoro. Perché nessuno meglio del compositore viennese ha saputo interpretare l’amore nel ventaglio di sentimenti contrastanti che lo accompagnano: la tensione, la malinconia, il rimpianto, ma anche la speranza. La colonna sonora di questo lavoro è un collage di suoi celeberrimi brani, estratti da veri e propri capolavori di infinita bellezza, brani che, composti due secoli fa, stupiscono ancora oggi per la loro grande attualità. In essi si rispecchiano le molte anime dell’uomo contemporaneo, frammenti nei quali l’amore lascia il posto al disinganno, il distacco alla condivisione, la passione al timore, e viceversa. È un andare e venire fra crescendo e diminuendo, che rivela interi universi, e legami segreti. La coreografia, che non ha pretese o ambizioni descrittive, vive invece dell’unica ricchezza determinata dall’ispirazione musicale. “Schubert Frames” diventa allora un racconto astratto, ma popolato di solitudini e anime affini, in un’epoca, come la nostra, che appare stanca, torbida, disincantata, tormentata da un malessere scolpito nell’aria, ma anche ansiosamente alla ricerca di un senso e di una speranza di felicità. Il lavoro che ne risulta è denso di immagini poetiche; diventano tutt’uno con la musica, ne sposano la ricchezza compositiva, si legano intimamente alla sua inesauribile varietà, a ciò che essa esprime. Sono scene in movimento, in cui ci si sofferma soprattutto sull’istante che precede il momento del ritorno. Perché il problema non è partire e arrivare, ma tornare. Tornare alla felicità, avvertita come una casa nella quale ricominciare tutto, magari cambiati, incuranti della velocità accelerata di un presente che rischia di farci rimanere indietro, e di un futuro che magari si ha paura di esplorare. Per imparare ogni volta ad amare, di nuovo. Per avere il coraggio di riconoscersi fragili, e quindi generosi nella tenerezza.

La seconda parte della serata è occupata da “Gershwin Suite”, un lavoro nato da un concept di Cristina Spelti e Michele Merola, che firma anche la coreografia. Le musiche del compositore americano hanno sono l’adattamento e il recomposing di Stefano Corrias.

Nelle note di George Gershwin (1898-1937), musicista tra i più rappresentativi del Novecento, si riflette lo spirito del tempo in cui sono create, con gli umori e le atmosfere degli Anni Ruggenti. Partendo dai migliori brani del compositore, e dalle suggestioni provenienti dalle opere pittoriche di un altro grande artista americano del ‘900, Edward Hopper (1882-1967), Michele Merola ha realizzato una produzione la cui colonna sonora antologizza le più accattivanti pagine dell’autore. Spiccano, tra le altre, “Summertime”, che sigla lo spettacolo e ricorre in più momenti e in diverse versioni, e “Rhapsody in blue”. Ma non sono solo le musiche lussureggianti e vivaci ad attrarre il coreografo. Merola sceglie la musica di Gershwin nelle sue varie sfaccettature, non solo quindi i brani più euforici e brillanti, ma anche quelli più romantici e intimi, sensuali e seducenti. Salda il tutto una nuova composizione di Stefano Corrias, un tappeto musicale che conferisce unità al ricco mosaico di sentori, ora traboccanti dinamismo, ora pienamente lirici, sospesi nel ripensamento e addensati nella malinconia. Altro apporto autoriale importante alla realizzazione dello spettacolo è dato da Cristina Spelti, che ha ideato il disegno delle luci e le scenografie. Ogni scena trae ispirazione dal collegamento tra i diversi brani del compositore e alcuni quadri di Edward Hopper, pittore che, grazie al suo realismo e al suo modus operandi per “inquadrature”, è considerato un artista molto vicino al mondo della fotografia e del cinema, capace di rappresentare in maniera poetica ed evocativa momenti anche umili e semplici di vita quotidiana. “Sono stato attratto”, dice il coreografo, “dalla capacità del pittore di costruire atmosfere e sfumature che tratteggiano risvolti e segreti della condizione umana. La regia delle immagini danzate e l’allestimento delle scene creano personaggi e situazioni non determinate una volta per tutte, ma aperte a diversi finali e soluzioni”.

Ispirati direttamente ai quadri di Hopper, sfilano l’intimità dei passi a due e degli assoli, ma anche le scene di insieme, dove voglia di vivere e riscatto dal quotidiano prendono il sopravvento. In scena tanta varietà assume i modi di un set cinematografico, grazie anche ad una scenografia che cambia in continuazione, proprio come in un set, e ad una coreografia che tocca più tasti, grazie alla versatilità del coreografo, capace di declinare la propria creatività e il proprio talento al passo con i tempi della contemporaneità.